Davide Alcide Campestrini
Trento, 1863 - Milano, 1940
Alcide Davide Campestrini nacque da una famiglia di forti sentimenti patriottici, il padre fu un garibaldino e il nonno partecipò ai moti trentini del 1848 contro il governo austriaco. Frequentò la locale scuola di disegno per poi trasferirsi, totalmente privo di mezzi, a Milano dove frequentò pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera e poi la Scuola Speciale di Pittura. Finiti gli studi si dedicò all’insegnamento per quasi tutta la sua vita.
La carriera pittorica lo portò a ottenere numerosi successi in ambito espositivo. Fondamentale trampolino di lancio per la sua carriera e di conquista di una autonomia economica fu nel 1894 vincendo il premio Antonio Gavazzi per la pittura a tema dantesco dell’opera I neghittosi. Da questo periodo iniziò anche la sua carriera espositiva internazionale.
Si concentrò sul genere ritrattistico che fu assolutamente predominante nella sua produzione, e su scene di tipo storico-mitologico. Non tralasciò nemmeno il tema sociale denunciando le condizioni di vita della classe operaia come altri artisti contemporanei tra cui Angelo Morbelli, Emilio Longoni e Giovanni Sottocornola.
A partire dal 1892 dipingerà anche opere di carattere sacro sia in Lombardia che in Trentino. L’opera più rilevante in questo ambito è la pala per un altare della chiesa della chiesa dei Francescani a Rovereto che rappresenta San Francesco in adorazione del Crocifisso.
Nel 1906 partecipò alla Mostra Internazionale del Sempione con tre opere, tra cui Frati in biblioteca e Funerali di un frate, ispirati ai frati Minori del convento di San Rocco e San Bernardino a Trento.
A seguito dell’annessione del Trentino al Regno d’Italia nel 1920, lavorò con i figli anche in ambito decorativo in teatro e nella sala da pranzo del Grand Hotel Regina di Levico Terme distrutto nel 1944.
La pittura di paesaggio e en plein air lo portarono ad approfondire lo studio della luce, muovendosi, quindi, anche alla contemporanea esperienza degli scapigliati lombardi.